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Sentenza Corte di Cassazione n° 8330 del 2000

LAVORO SVOLTO NELL'AMBITO DELLA SFERA FAMILIARE IN REGIME DI CONVIVENZA E CON PRESTAZIONE DISCONTINUA E FRAMMENTARIA - INSUSSISTENZA DEL DIRITTO ALLA RETRIBUZIONE ED AL RISARCIMENTO DEL DANNO PER OMISSIONI CONTRIBUTIVE.

(Cassazione - Sezione Lavoro - Presidente R. De Musis - Relatore P. Cuoco )

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20 novembre 1996 il pretore di Firenze in funzione di giudice del lavoro respinse la domanda con cui V. M. aveva chiesto la condanna di S. D. al pagamento della somma di lire 270 milioni per il lavoro svolto alle dipendenze della D. dal 1981 al 1993, ed al risarcimento del danno per omissioni contributive. Il Pretore ritenne che il lavoro Prestato dal M. nel piccolo negozio di alimentari gestito dalla D., sua madre, con cui egli conviveva, era saltuario; e che il rapporto assicurativo, coltivato per due anni, era stato instaurato su richiesta dello stesso M., al dichiarato scopo di "raggiungere l'età minima pensionabile, indipendentemente dall'esercizio di alcuna attività di lavoro subordinato".

Avverso questa sentenza propose appello il M.. incidentale impugnazione propose la D., per ottenere, in caso di accoglimento dell'appello principale, la condanna del M. al pagamento della somma di lire 300 milioni in compensazione, ed in ogni caso al pagamento della somma di lire 30 milioni in restituzione di quanto a suo tempo prestatogli.

Con sentenza del 30 aprile 1997 il tribunale di Firenze respinse l'appello del M., e, in accoglimento dell'appello incidentale, condannò lo stesso M. al pagamento della somma di lire 20 milioni e delle spese del giudizio. A questa decisione il tribunale giunge affermando che:

1. Le prestazioni del M. non solo si svolgevano nell'ambito di una comunità familiare (un figlio convivente con la madre), e pertanto in una presunzione di gratuità, bensì erano caratterizzate da "saltuarietà frammentaria ed episodica";

2. Non ora stata provata l'esistenza di obblighi di presenza ed orari, né di poteri direttivi e disciplinati;

3. Ai fini della subordinazione, anche il rapporto assicurativo, costituito e coltivato indipendentemente dallo svolgimento di lavoro subordinato, era irrilevante;

4. Sussisteva la competenza del giudice adito alla cognizione della domanda riconvenzionale, non solo per la tardività dell'eccezione di incompetenza, bensì per la stessa "disciplina transitoria di cui all'articolo 90 terzo comma della legge 953/90, come modificato dall'articolo 9 del decreto legge 238/95, non convertito, e dall'articolo 9 del decreto legge 347/95"; e l'aspetto del rito era da ritenersi superato in base all'articolo 40 terzo comma CPC;

5. Il prestito di lire 30 milioni, che la D. aveva effettuato, era documentato dagli assegni; ed essendo provata la restituzione di lire 10 milioni, era dovuta la residua somma di Lire 20 milioni.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre Vittorio M., percorrendo le linee di due motivi. Resiste S. D. con controricorso, ed a sua volta propone ricorso incidentale, percorrendo le linee di un unico motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo dei ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, Vittorio M. sostiene che:

1. Erra il tribunale nel ritenere che vi sia presunzione di gratuità delle prestazioni; né è necessario provare l'esistenza di uno specifico accordo per il lavoro e la retribuzione; è nella stessa natura dei rapporti familiari che la prestazione si svolga senza alcuna preventiva pattuizione, e sulla base di una tacita intesa, anche in ordine alla retribuzione; ed il nostro ordinamento è fondato sul principio che quando vi è stato il lavoro, vi deve essere la retribuzione;

2. La domanda riconvenzionale proposta dalla D. "non dipende dalla domanda principale al sensi dell'articolo 36 CPC, e non riguarda il rapporto di lavoro ai sensi dell'articolo 409 CPC": il giudice adito era pertanto incompetente per materia, e l'incompetenza era rilevabile anche di ufficio.

Con il secondo motivo, denunciando omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, il ricorrente sostiene che il Tribunale non ha espresso la ragione a base della valutazione della prova testimoniale, ove molti testi avevano indicato la continuatività dei lavoro dei M., e solo alcuni, fra i quali il fratello dello stesso ricorrente (per il quale poteva anche ipotizzarsi un interesse in causa), avevano riferito della saltuarietà della prestazione.

Con il controricorso la D. eccepisce pregiudizialmente l'inammissibilità del ricorso per la carenza, nella procura alle liti, del riferimento specifico al giudizio per cassazione.

Con il ricorso incidentale, denunciando per l'articolo 360 n. 5 CPC omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, la D. sostiene che non è motivata la ritenuta restituzione della somma di lire 10 milioni, poiché sarebbe stata effettuata nel 1987 nei confronti di un prestito erogato nel 1991.

I ricorsi, che sono oggettivamente e soggettivamente interconnessi, devono essere riuniti.

È pregiudiziale l'esame dell'eccezione di inammissibilità del ricorso principale, sollevata dalla controricorrente D.. L'eccezione è infondata. Ed invero, la procura rilasciata a margine del ricorso per cassazione e senza specifico riferimento a questo giudizio, per la sua topografica collocazione, per il principio di conservazione degli atti, e per il fondamento della disposizione processuale (diretta a tutelare, e non formalisticamente limitare, l'interesse della parte che rilascia la procura), si presume rilasciata per lo stesso giudizio di cassazione (SU 2646/99).

I motivi dei ricorso principale, che per la loro interconnessione devono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

L'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la natura di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia (Cass. 5960/99).

Ed in questo quadro, nel caso di saltuario ed occasionali prestazioni lavorative rese da un soggetto inserito di fatto come convivente in un gruppo familiare (con relativa comunanza di vita e di interessi) ed a favore di uno dei componenti dei gruppo stesso, opera la presunzione di gratuità delle prestazioni (Cass. 7762/98).

Nel caso in esame, da un canto le prestazioni sono state rese dal figlio nell'ambito dell'azienda della madre con cui egli conviveva; e questo intenso vincolo intensifica la presunzione di gratuità, che la mera familiare convivenza è sufficiente a costituire.

D'altro canto, come il Tribunale ha accertato, non solo non sussistevano obblighi di presenza ed orari, né poteri direttivi e disciplinari, bensì la prestazione era caratterizzata da "saltuarietà frammentaria ed episodica", aspetto che è di per sé la negazione della subordinazione.

E pertanto non solo non è stato provato l'aspetto qualificante del rapporto di subordinazione, bensì, nell'ambito di una presunzione di gratuità, è stata accertata l’assenza stessa della subordinazione.

Ed in ordine alla consistenza dell'accertamento, è costante principio di questa Corte che la valutazione delle risultanze della prova testimoniale ed il giudizio sull'attendibilità dei testi (e sulla credibilità di alcuni in luogo di altri), e la scelta (fra varie risultanze probatorie) di quelle (che si ritengano) più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito; il quale, nel porre a fondamento una fonte di prova con esclusione di altre incontra solo il limite della necessità di indicare, le ragioni dei convincimento (necessità che non esige peraltro la discussione d’ogni singolo elemento e la confutazione di ogni difensiva deduzione (Cass. 5045/99; 3498/94).

Nel caso in esame, il tribunale ha analiticamente indicato le fonti testimoniali dell'accertamento; ed il ricorrente si è limitato a contestazioni generiche, non esposte in modo autosufficiente (Cass. 10611/95), e, nel contenuto, irrilevanti.

In ordine al secondo aspetto del primo motivo (eccepita incompetenza del giudice del lavoro nella cognizione della domanda riconvenzionale), il ricorrente non ha in alcun modo censurato l'analitica motivazione della sentenza; d’altro canto, per l'articolo 40 terzo comma CPC, le cause proposte con la domanda principale e con la domanda riconvenzionale, delle quali l'una rientri fra quelle indicate dagli articoli, 409 e 442 CPC, devono essere trattate congiuntamente con il rito speciale. Anche questo aspetto del motivo è infondato.

La censura proposta con il ricorso incidentale, priva di una specificazione completa ed idonea a consentire, attraverso lo stesso ricorso e senza rendere necessario l'esame degli atti dei processo, la chiara e completa cognizione delle argomentazioni, non è autosufficiente (Cass. 10611/95).

Il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere pertanto respinti. Ciò giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte riunisce i ricorsi; li rigetta; e compensa le spese del giudizio di legittimità.